Insegnare nel 1990 e nel 2025: stesso lavoro, metà futuro?

Quando si parla di stipendi degli insegnanti, la discussione si ferma quasi sempre alla cifra in busta paga: quanto prende un docente al mese?. In realtà il punto non è solo la cifra, ma la qualità di vita che quello stipendio rende possibile oggi rispetto a ieri. Se si confronta il potere d'acquisto di un insegnante degli anni '70, '80 o '90 con quello di un giovane docente del 2025, quello che emerge è una storia di erosione lenta ma profonda del reddito e della progettualità.

Dal 1990 a oggi: stipendi fermi, prezzi in corsa

Negli anni '90 gli insegnanti italiani non erano certo privilegiati, ma i loro stipendi erano più allineati al costo della vita e alla media del pubblico impiego. Analisi su serie storiche e tabelle stipendiali mostrano che, tra metà anni '90 e oggi, gli insegnanti hanno perso in media tra il 15% e oltre il 20% di potere d'acquisto, a seconda del profilo e del periodo considerato. Nello stesso arco di tempo altre figure scolastiche, come i dirigenti, hanno invece visto crescere significativamente le proprie retribuzioni reali.

Il risultato è paradossale: se si prende lo stipendio di un insegnante "medio" degli anni '90, lo si rivaluta con l'inflazione fino al 2025 e lo si confronta con quello attuale, si scopre che il docente di oggi è più povero in termini reali, pur vedendo in busta paga un numero nominalmente più alto.

Quanto dovrebbe prendere oggi un docente per vivere come negli anni '70-'80?

Qui arriva la domanda cruciale: non "quanto guadagnava allora in lire?", ma quanto dovrebbe guadagnare oggi per avere la stessa qualità di vita di un collega degli anni '70 o '80?. La risposta non passa solo per l'inflazione generale, ma per il rapporto tra stipendio docente e costo di beni chiave come casa, affitto, consumi essenziali, che era molto più favorevole mezzo secolo fa.

Tenendo insieme rivalutazione dei salari, dinamica dei prezzi e studi sul crollo del potere d'acquisto in Italia, si può stimare in modo prudente che uno stipendio "equivalente in benessere" per un insegnante di oggi dovrebbe collocarsi ben oltre i livelli attuali: più vicino a quello di altri laureati nel pubblico o nel privato che a quello effettivo della scuola.

Stipendi equivalenti in termini di qualità di vita

La tabella seguente sintetizza questa idea. Non è un listino "ufficiale", ma una stima ragionata: quanto dovrebbe guadagnare oggi un insegnante per avvicinarsi alla qualità di vita di un collega degli anni '70 o '80?

Periodo di riferimento Qualità di vita tipo Stipendio netto mensile equivalente oggi (stima) Stipendio netto docente italiano oggi (2025)
Docente anni '70 Casa e mutuo più accessibili, un solo stipendio che regge quasi tutta la famiglia, un po' di risparmio. ≈ 2.200 € netti/mese (≈ 28.000-29.000 €/anno) 1.300-1.400 € netti/mese a inizio carriera.
Docente anni '80 Reddito stabile, possibilità di acquistare casa e mantenere una famiglia con meno precarietà. ≈ 2.000 € netti/mese (≈ 26.000 €/anno) 1.500-1.600 € netti/mese a metà carriera.
Docente anni '90 Stipendio ancora relativamente allineato al costo della vita, più margini di risparmio. ≈ 1.800-1.900 € netti/mese (≈ 23.000 €/anno) 1.800-2.000 € netti/mese solo a fine carriera.

Questa comparativa dice, in sostanza, che per avere oggi la stessa qualità di vita di un maestro degli anni '70, un docente dovrebbe stare stabilmente sopra i 2.200 euro netti al mese, ben oltre gli 1.300-1.400 euro effettivi di inizio carriera. Non basterebbe "qualche aumento": servirebbe una vera riscrittura della scala retributiva.

Non solo riconoscimento: lo stipendio come strumento di vita

Spesso lo stipendio viene raccontato come un misto di "riconoscimento" e "premio al merito". Ma, nel caso degli insegnanti, è innanzitutto uno strumento concreto di qualità della vita: decide se puoi vivere vicino alla scuola o fare due ore di pendolarismo, se puoi permetterti figli senza ansia costante, se puoi investire nella tua formazione, curare la salute mentale, avere tempo e risorse per fare bene il tuo lavoro.

Quando per decenni gli stipendi reali restano bassi, i contratti si rinnovano in ritardo e gli aumenti non inseguono il costo della vita, il messaggio implicito è chiaro: agli insegnanti non viene riconosciuto il diritto a una qualità di vita alta. Oppure, in versione cinica, si dà per scontato che ci sia sempre abbastanza offerta di "vocazione" da poter assumere al ribasso, senza preoccuparsi troppo della tenuta del sistema nel lungo periodo.

Il messaggio politico: lo pneumatico più economico

Si potrebbe dire che lo Stato, nel reclutare e retribuire gli insegnanti, si comporta spesso come chi al gommista chiede "lo pneumatico più economico". Funziona? Sì, finché regge. Ma:

Applicato alla scuola, questo si traduce in turnover, burnout, abbandoni di ruolo, difficoltà a coprire le cattedre e perdita di continuità didattica. Il risparmio apparente sugli stipendi genera costi nascosti enormi: peggior qualità dell'offerta, disaffezione degli studenti, minor fiducia delle famiglie, fuga dei giovani più preparati verso altri lavori o all'estero.

Giovani docenti e progettualità mancata

Per un giovane adulto che oggi entra nella scuola, lo stipendio non è solo "basso": è strutturalmente insufficiente a sostenere i normali passaggi di vita adulta. I docenti italiani sono tra i meno pagati dell'area OCSE a parità di titolo di studio, iniziano spesso con anni di precarietà e devono integrare con altri lavori per arrivare a fine mese.

Questo ha conseguenze dirette: si rimandano figli, casa, progetti di lungo periodo; si accetta di vivere lontano da dove si lavora; si riducono drasticamente le possibilità di risparmio e di investimento. Mentre un insegnante degli anni '70-'80 poteva immaginare di reggere una famiglia con un solo stipendio o quasi, oggi spesso non basta nemmeno in coppia, soprattutto nelle grandi città.

Stipendio, prestigio e autorevolezza

In una società che misura spesso il valore delle persone anche in base al reddito, pagare poco una professione invia un messaggio potente sul suo status. Indagini su docenti italiani mostrano un chiaro declino del prestigio sociale della professione, a fronte di responsabilità crescenti e maggiore complessità didattica e relazionale.

La precarietà prolungata e la difficoltà a costruire una vita dignitosa alimentano stanchezza, burnout e perdita di motivazione, che a loro volta indeboliscono l'autorevolezza in classe. Non perché gli insegnanti "valgano meno", ma perché una società che non investe nella loro qualità di vita smette di considerarli davvero centrali nell'educazione dei cittadini.

Non nostalgia, ma responsabilità

Mettere a confronto il docente degli anni '70-'80-'90 con quello del 2025 non serve a fare nostalgia o a dire che "una volta era tutto meglio". Serve a riconoscere che qualcosa nella traiettoria salari-prestigio-progettualità si è rotto soprattutto per i più giovani. Se si prende sul serio l'idea che lo stipendio è uno strumento di qualità della vita e non solo un premio, allora discutere di retribuzioni degli insegnanti non è una questione corporativa, ma una scelta di politica pubblica sulla scuola che si vuole avere nei prossimi decenni.

Chi è entrato nella scuola negli anni '70-'80-'90 ha avuto più possibilità di costruire una base di stabilità; da questa posizione può scegliere se minimizzare il problema ("anche noi eravamo pagati poco") o usare la propria voce per chiedere che chi arriva oggi non debba più insegnare con lo "stipendio da pneumatico economico".

Alcune fonti e riferimenti