L'argomento della pianificazione e forse ancor più quello della valutazione formativa rappresentano aspetti di primaria importanza nella didattica. Spesso infatti si nota una tendenza a far scadere pianificazione e valutazione in "redigere i programmi, segnare le verifiche" e "mettere i voti".
Come è facile intuire, il tutoring degli studenti durante la loro formazione prevede una rivalutazione di questi aspetti in un'ottica supportiva basata sulla mentalità win-win (Ref. S.R. Covey, 1989).
Quello che noto, con un'incidenza preoccupante, è invece un utilizzo di metodi di pianificazione e valutazione che si reggono sulla coercizione.
Cosa significa questo? Calendari di interrogazioni orali quasi giornalieri, numero di prove scritte enormi e ingiustificate, compiti oppressivi che valutano solo l'aspetto algoritmico e per nulla quello del ragionamento.
In questa serie di brevi articoli cercheremo di sondare il terreno e proporre una prospettiva su approcci più funzionali e stimolanti.
Se c'è una cosa che ho odiato in maniera viscerale, durante la mia carriera scolastica, sono stati i compiti lunghi. Posso infatti dire senza vergogna che, sebbene io insegni matematica, c'è stato un periodo della mia vita dove odiavo profondamente questa materia. Questo periodo, che posso far coincidere con la fine delle scuole medie e l'inizio delle superiori, è stato vissuto da me come una corsa incessante verso la procedura e l'incomprensione.
Ricordo vivamente che in questi anni la matematica è stata per me una materia insensata in cui la difficoltà era rincorrere una velocità di esecuzione e di generalizzazione che non aveva nessun parallelo con la soluzione di problemi reali o comunque soddisfacenti.
La mia percezione, fortunatamente, è cambiata notevolmente durante il triennio e specialmente durante gli anni universitari. Lì la matematica, oltre ad offrire un tempo di processamento e riflessione molto più elevato, è anche diventata utile alla soluzione di problemi concreti, fisici, dove lo strumento si fondeva con l'evidenza.
Noto molto spesso, durante il confronto con i colleghi, che la velocità di esecuzione è usata di fatto come discrimine valutativo. Perché dico questo? Semplicemente perché verifiche scritte oltremodo lunghe precludono la valutazione del ragionamento, a favore di quella esclusivamente di processo. Infatti, qualora si affronti un problema in sostanza noto, non è possibile cercare di "unire i puntini" generando una soluzione creativa, ma bisogna affidarsi alla "lista della spesa" per raggiungere la linea di traguardo prima della campanella.
Vorrei riflettere con i miei gentili colleghi su che capacità stiamo allenando. In questo modo la deduzione logica passa in secondo piano, anzi, non deve essere proprio scomodata. "Non c'è tempo per pensare, esegui!" direbbe uno studente.
La conseguenza diretta di questo approccio è favorire la generazione di motivazione estrinseca (studio e mi alleno per raggiungere il traguardo in tempo). In questo modo si facilita l'insegnante nella creazione di un criterio che divide e classifica gli studenti: lo studente propenso o allenato finisce tutto; quello zoppicante, privo di automatismo consolidato, riflette e ragionando risolve solo alcuni problemi. Cosa genera questo? Paradossalmente penalizza lo studente che attua un processo di ragionamento e premia chi ha l'autopilota.
La mia lettura è una percepita mancanza di sicurezza: la verifica lunga permette la generazione di questa "sana forbice" e annulla la possibilità che gli studenti 1) si fermino tutti di fronte ad un problema "diverso" o 2) completino tutti l'esercizio perché la soluzione è evidente. Questo però toglie la finalità del compito: un confronto autentico delle proprie capacità con un problema stimolante.
La mia proposta è ripensare alla valutazione in maniera più fluida e multifattoriale, in modo da permettere anche allo studente "perso" o "lento" di ragionare e apprezzare una materia che per sua natura è composta da una profondità difficilmente sondabile dai novizi. Ripensare la valutazione potrà sembrare un "minare la serietà e l'autenticità della figura valutante"? Manteniamo il focus sull'efficacia dell'azione di noi insegnanti e probabilmente questa paura svanirà immediatamente.
Dopo il boom di ChatGPT, circa due anni fa, ho cominciato a esplorare le nuove possibilità offerte in maniera quasi compulsiva. Sono arrivato ad un livello di padronanza (prompt engineering) abbastanza elevato, riuscendo ad automatizzare compiti noiosi e ripetitivi. Per me è stato un sollievo enorme perché noto di soffrire in maniera tremenda i task meccanici a basso valore aggiunto.
In ogni caso l'idea che ha cominciato a formarsi nella mia mente è stata: potrei usare questo tool per delle valutazioni? Sarebbe efficace? Per che tipi di prove? Sarebbe più efficace di me? Potrebbe evitare dei bias cognitivi da parte mia?
La risposta è arrivata circa un anno dopo quando, come compito finale di un progetto riguardante la matematica finanziaria, ho chiesto di scrivere in classe una riflessione abbastanza estesa sul tema trattato. Siccome conoscevo la classe da diversi anni, il bias emozionale durante la correzione sarebbe stato rilevante e avrebbe forse superato l'analisi oggettiva del testo (il classico "Effetto Alone").
Soluzione: ho sperimentato.
Ho usato un tool AI in modo critico: per prima cosa ho creato, sempre usando l'AI come alleato, una rubrica di valutazione multifattoriale. Quindi ho caricato tutta la rubrica e i parametri di valutazione nella memoria della chat. La valutazione per livelli è stata richiesta caricando gli elaborati digitalizzati (tramite OCR) e facendoli processare "alla cieca" dall'algoritmo.
Il risultato è stato sorprendentemente positivo. Non solo tutte le osservazioni erano corrette e sensate, ma soprattutto non appariva nessuna flessione basata sulla simpatia o sullo storico dello studente. La fase successiva è stata fondamentale: una revisione critica umana. Ho riletto gli elaborati incrociandoli con la correzione dell'AI per verificare che tutto fosse coerente, quindi ho spedito i commenti agli studenti e calcolato una media ponderata dei vari indicatori per il voto finale.
In questo caso uno strumento generalmente considerato da noi insegnanti come "ostile" (o strumento per barare) si è rivelato un tool che ha massimizzato la qualità della correzione (oggettività) e minimizzato il tempo impiegato. Qualcuno potrebbe obiettare che la mia riflessione personale sugli elaborati è stata scarsa. Io rispondo che le rubriche e il compito sono stati progettati da me, e che ogni singola valutazione è stata validata criticamente. L'AI non ha sostituito il docente, ha solo pulito gli occhiali con cui il docente guarda il compito.